In Francia e in Italia
La storia della caccia in Francia e in Italia
Le origini
Se torniamo alle antiche origini della caccia, l’uomo cacciava soltanto per le sue necessità di nutrimento anche prima della nascita dell’agricoltura e dell’allevamento quando la figura dell’uomo era ancora quella del cacciatore-raccoglitore.
Secondo l’evoluzione umana, i primi uomini a cacciare sono stati gli Homo Sapiens che all’epoca, usavano principalmente degli archi e delle lance.
Per quanto riguarda invece la storia leggendaria di Romolo e Remo, si dice che anche loro andassero a caccia esclusivamente per garantire la propria sussistenza quotidiana. Tuttavia, qualche secolo dopo, ossia nel II secolo a.C, i romani conobbero il piacere della caccia sportiva con la sottomissione della Grecia. Il primo romano ad esprimere una passione venatoria fu Scipione (distruttore di Cartagine) che imparò la caccia in Macedonia e la diffuse una volta rientrato a Roma. Ciò nonostante, nel I secolo a.C, la caccia veniva prevalentemente contestata e considerata come un passatempo frivolo che richiedeva pochi sforzi fisici.

La storia della caccia in Francia e in Italia
Durante il Medioevo in Italia, la caccia era il divertimento preferito della nobiltà. Nelle zone a nord dell’Italia attuale, da Gallarate al lago Maggiore, i signori di Milano andavano a caccia e fino alla fine del settecento, questa, era considerata un diritto feudale.
La Francia dal canto suo, ebbe una certa influenza sulla penisola grazie in particolar modo a Napoleone, il quale introdusse il codice francese che riconosce al potere sovrano la facoltà di permettere, vietare o modificare il diritto venatorio. In quell’occasione, un decreto fu firmato il 30 giugno 1806 da Eugène de Beauharnais, il Viceré del Regno d’Italia all’epoca e figlio adottivo di Napoleone I. Questo decreto stabiliva che i boschi e le valli attorno al fiume del Ticino erano esclusivamente riservati alla Corona. Da allora, altre misure sono state introdotte per conciliare le attività venatorie con quelle agricole e le esigenze di ordine pubblico. Sempre nel Regno d’Italia poi, a metà ottocento, fu introdotto l’obbligo per i cacciatori di possedere un permesso regolare rilasciato dalla Provincia di Como e di pagare una tassa annuale. Nel 1882, nacque il gruppo “Società milanese per la caccia a cavallo” di cui sono famosi i cavalieri vestiti elegantemente di rosso. Questa società esiste ancora oggi ed organizza tra i 20 e i 30 viaggi di caccia ogni stagione.
Con la fine della seconda guerra mondiale, il numero di cacciatori aumentò notevolmente in Italia.
Per quanto riguarda la Francia invece, è solamente sotto il regno di Clovis che sentiamo parlare dei primi piaceri della caccia. Tuttavia, nel Medioevo come in Italia, la caccia diventava sempre più un privilegio della nobiltà. Alcune zone erano infatti riservate alla caccia reale. Inoltre all’epoca, vennero creati degli spazi per questa attività. La caccia grossa, o meglio quella dedicata agli animali di grande taglia, era riservata esclusivamente ai nobili i mentre i piccoli animali come le lepri o i volatili erano lasciati al resto della popolazione. I re dell’epoca erano grandi cacciatori ed essere invitati alla caccia del Re, rappresentava uno dei più grandi onori della Corte. Il diritto di caccia non era apprezzato da tutti, soprattutto da parte dai contadini che non avevano il permesso di difendersi contro alcuni animali feroci o dannosi come gli orsi o i cinghiali.
Con la fine della Rivoluzione francese, si è finalmente democratizzata e resa popolare la caccia diffondendosi anche nel resto dell’Europa. Tutto ciò però, portò ad una pratica sfrenata della caccia che determinò lo sterminio di alcune specie. Come conseguenza quindi, nel 1810, Napoleone I decise di istituire passaporti venatori e permessi di possesso d’armi. Il 2 marzo 1844, fu varata una legge che costituiva le radici dell’organizzazione della caccia in Francia. Quest’ultima, garantiva moltissime libertà venatorie ma non prendeva minimamente in considerazione la gestione del numero degli animali e la protezione dell’ambiente. Con il passare del tempo a partire dal 1941, molteplici istituti specializzati sono stati creati, come il “Consiglio Superiore della caccia” o la “Federazione degli cacciatori”. Nel 1956, un piano di tiro contrattuale fu stabilito in alcuni dipartimenti e per finire, nel 1975, venne imposto l’obbligo di riuscita di un esame per poter ottenere il proprio permesso di caccia.

La caccia con i cani
Con l’addomesticamento dei cani, si sono sviluppate diverse forme di caccia grazie all’aiuto degli animali. I cani da caccia moderni sono il risultato di migliaia d’anni di selezioni genetiche ad un livello che è unico nel suo genere.
Oggi, i cani sono usati per inseguire, segnalare o riportare la selvaggina se non addirittura uccidere. Attualmente esistono innumerevoli tipi di caccia che necessitano l’aiuto del cane, questo perché il loro olfatto delicato permette ai cacciatori di rintracciare e rincorre certe prede difficili o pericolose da cacciare.
La caccia oggi
L’Italia e la Francia sono paesi industrializzati, e come tali, distinguono in modo deciso il termine “caccia” dal termine “bracconaggio”. Nelle nostre società infatti, il termine ‘caccia’ fa riferimento ad un’attività di divertimento approvata dalla legge, mentre con il termine “bracconaggio” ci si riferisce alla caccia illegale.
Oggi però, la caccia assume anche un ruolo nella gestione della fauna e della flora selvatica, ad esempio mantenendo la “popolazione” di una certa specie all’interno dello proprio ambiente.
Bisogna distinguere però, la percezione che entrambi i paesi hanno di questa attività. Per i francesi, la caccia si riferisce alla regalità e fa parte della sua storia, contrariamente all’Italia (nonostante l’importante valore che assunse grazie ai nobili nel settecento).
Secondo un sondaggio, attualmente il 38% dei francesi si mostra favorevole alla conservazione della caccia in Francia perché considerata parte integrante del patrimonio nazionale. Inoltre, mentre in Italia la caccia presidenziale è vietata dal 1977, in Francia continua ad essere autorizzata. Si osservano quindi, le prime discrepanze tra i due paesi inerenti al tema della caccia. Notiamo infatti, una considerazione particolarmente più attenta del tema da parte dei francesi, questo perché nel corso della storia, la caccia ha assunto anche un ruolo politico. Un partito politico infatti, è stato creato nel 1989 per difendere i valori rurali della Francia : “Caccia, pesca, natura e tradizioni” chiamato oggi “Il movimento della ruralità” (LRM).
Oggi, delle ONG comprano delle zone di caccia per trasformarle in riserve naturali e per proteggere alcune specie, come recentemente è successo nel Massiccio del Vercors in Francia. Diverse manifestazioni sono state organizzate per protestare contro questo tipo di progetto. Altre zone alla frontiera italo-francese sono anche state trasformate in riserve naturali e sempre più parchi nazionali sono stati istituiti in Italia diminuendo quindi i territori di caccia.